Epidemiologia, diagnosi e trattamento della malattia di Fabry

A cura di Serena Serratore e Daniel Ferraro

La malattia di Fabry è una condizione rara, a coinvolgimento multiorgano non simultaneo che ne rende difficile il riconoscimento. Di questo e di altri spinosi aspetti si è discusso nel corso del simposio tenutosi in Aula A il 17 dicembre alle ore 9:30 e moderato dal Professore Sinagra dell’Università di Trieste e dal Professore Autore dell’Università di Roma La Sapienza. La I sessione ha visto protagonista il Professore Limongelli, direttore del Centro di Coordinamento Malattie Rare regione Campania; la II ed ultima sessione, invece, la Professoressa Biagini dell’Università di Bologna. Il primo chiaro messaggio lanciato dagli esperti è che di fronte ad un fenotipo cardiaco ipertrofico è necessario avere in mente tutte le possibili cause, soprattutto in relazione all’età del paziente, e quindi lo specifico trattamento. Nella malattia di Fabry caratteristici sono, oltre al coinvolgimento cardiaco, anche quello renale, neurologico, dermatologico, oftalmologico. La terapia enzimatica sostitutiva costituita dalla agalasidasi alfa e dalla agalasidasi beta è utilizzata in Europa da ormai 20 anni e diversi trial clinici, studi osservazionali e dati dei registri ne hanno dimostrato efficacia e sicurezza nel controllo dei sintomi e della progressione della malattia. La terapia chaperonica mediante migalastat è disponibile in Europa dal 2016 ed è l’unica terapia orale per la malattia di Fabry che agisce stabilizzando specifiche forme mutate dell’enzima. A conclusione del simposio, gli esperti hanno poi annunciato la creazione di una Rete italiana per la malattia di Fabry, analogamente a quanto già fatto per altre cardiomiopatie rare. “Fare rete vuol dire informare e formare” hanno affermato gli esperti. L’augurio, quindi, è quello che questa Rete possa avere maglie quanto più strette possibili in modo tale da colmare tutti quei gap che ancora, purtroppo, esistono nella pratica clinica!